Arturo Femicelli nasce a S. Martino in Villafranca (frazione di Forlì) il 14 Dicembre 1925; la sua è una vocazione precoce: non ancora ventitreenne viene ordinato sacerdote dal Vescovo Mons. Giuseppe Rolla nella cattedrale di Forlì. In seminario aveva incontrato come padre spirituale mons. Giuseppe Prati, conosciuto come “Don Pippo”, che esercitò un influsso decisivo sulla sua formazione: come Don Pippo scrisse musica, anche Don Arturo ne scrisse; come Don Pippo faceva teatro, anche il piccolo seminarista lo faceva: recitava nei drammi ingenui del teatro educativo del tempo, immedesimandosi totalmente nella parte. Ma la maturazione più marcata la conseguì nella vita interiore, che costituì la sua personale ricchezza e da cui trasse poi origine tutta l’attività pastorale.
Verso la fine degli anni ‘60 si avvicina alla pittura, a seguito dell’artistico rapporto con Maceo Casadei che gli fa acquisire la capacità di esprimere la naturalezza dei sentimenti e la libera ispirazione della fantasia, attraverso una essenzialità e purezza di linguaggio lirica e rasserenante. Maceo, privo di patente, saliva con cavalletto e tavolozza sulla cinquecento di don Arturo che si inerpicava sui pendii delle colline romagnole alla ricerca di casolari isolati, di squarci naturalistici, di acque fluenti, per dare spazio a passati ricordi e personali nostalgie...
Nella primavera 1975 tiene la prima personale alla galleria “Il Muretto” in Corso della Repubblica, 43 (ex Palazzo ENAL), Forlì. Il ricavato della vendita va a favore della sua nuova Comunità parrocchiale “S. Caterina da Siena”, che, dopo aver avuto provvisorio riferimento in un locale al n. 41 di Viale Risorgimento, è stata canonicamente eretta nel 1972 dal Vescovo Mons. Paolo Babini.
Aveva cominciato già prima ad esporre i suoi quadri agli “amici della montagna”, che annualmente soggiornavano sulle Dolomiti nei turni organizzati dalla Diocesi, all’Hotel Volkenstein di S. Cristina in Val Gardena, (1969 1970), a Pejo, (1971), a Malosco (1973): il generale gradimento e la crescente richiesta delle sue opere lo incoraggiavano a continuare.
I suoi oli ed acquerelli sono inni al creato, colto nel fascino dei suoi colori, sono canti di lode al Signore per le bellezze che l’uomo a stento sa cogliere.
Vien da pensare che, se non ci fossero state le urgenti necessità per la nascita della nuova parrocchia, forse don Arturo avrebbe continuato a dipingere solo per sé e per gli amici.
Risiedeva infatti presso la “chiesina del miracolo” in Via Leone Cobelli, 8, dove aveva costituito un piccolo “Cenacolo”, per gli amici della montagna, per il Comitato contro la fame nel mondo e per la comunità che periodicamente si ritrovava all’adorazione sacramentale e alla Messa vespertina del sabato sera. Qui, prima di entrare nella saletta degli incontri comunitari, superato il buio corridoio fino al cortiletto illuminato dal sole pomeridiano, lo sguardo era rapito verso le Dolomiti da un ampio affresco che rappresentava le tre cime di Lavaredo dipinte sulla parete prospiciente l’ingresso.
Durante quegli anni di intenso impegno pastorale, partecipa a diverse rassegne e tra i principali riconoscimenti ricevuti possiamo evidenziare:
il Terzo premio al Trofeo Nazionale di pittura “La Saletta” - Forlì, 1974;
il Primo premio al Concorso Nazionale di pittura - “Città di Forlì”, 1975;
il Diploma di merito alla “la Biennale di arte e cultura” - Forlì, 1976;
il Primo premio al Concorso di pittura “Trittico di Ferragosto” - Martorano, 1987;
il Primo premio al Concorso di pittura “Tre Fontane” - Riccione, 1990.
La ricchezza interiore raggiunta e la maturità sacerdotale erano in Don Arturo urgenza di trasmettere agli altri il dono ricevuto; in qualunque ambiente si adoperava a creare una “famiglia di credenti” che fanno la volontà del Padre. Fissato l’obiettivo, la pochezza dei mezzi non l’impauriva.
Era organizzatore instancabile di occasioni di incontro, che vivacizzava con le tante risorse della sua fantasia e del suo genio di animatore. Una personalità versatile sostanziava questa sua attività; seppure dilettante amava cimentarsi, oltre alla pittura, nella poesia, nella composizione musicale e nel canto: doni del Signore che egli poneva al servizio del suo apostolato.
Da 1978 al 1981 seguono personali alla galleria “Michelangelo” nella sala dell’abazia San Mercuriale, Forlì, quindi alla quadreria “O. Spada” in Via G. Regnoli, 7, Forlì.
Dal 1985 cominciano le mostre annuali organizzate da alcuni laici a lui vicini, in occasione della periodica “Festa del Ritorno” in Parrocchia, essendo l’autore incapace di farsi pagare i suoi quadri. Il “ritorno” era quello dai luoghi delle vacanze estive, ma anche quello alla Chiesa ed alla Comunità parrocchiale.
In occasione della personale del 1986, su interessamento di una parrocchiana, si parlò della pittura di Don Arturo su Radio RAI 1, alla trasmissione mattutina “Onda verde mare” condotta da Dino Emanuelli. Questi, avendo avuto modo di ammirare alcune opere di Don Arturo, commentò in trasmissione: “Egli sa cogliere i momenti più belli della natura, della montagna e con quattro pennellate li porta sulla tela. Sono quadri che cantano gioia di vita”.
A volte le sue opere sono nate così, quasi per caso: comprando una scatola di acquerelli, (come avvenne in occasione di un campo mobile scout), in un piccolo paese della collina toscana, vicino a un fiume, tra le tende… ecco nascere un quadro che commenta e sottolinea il momento importante vissuto insieme.
Gli acquerelli di Don Arturo, che illustrano non solo la natura, ma anche volti della Beata Vergine Maria e diversi episodi evangelici (per esempio la vicenda dei discepoli di Emmaus) costituiscono un vero e proprio momento di catechesi per i fedeli.
Nel 1997 partecipa con due acquerelli: “Emmaus” e “San Francesco” alla mostra “Arte sacra nella casa - Alta ispirazione per la famiglia”, nel cui catalogo Rosanna Ricci commenta l’evidenza della buona scelta dei colori e la velocità del segno, definendo le composizioni gradevoli e, in certi passaggi, sicure e disinvolte.
Spirito curioso, Don Arturo ha sperimentato anche altre tecniche, dedicandosi sempre a soggetti sacri, dalla creta al mosaico, pagando le lezioni con i suoi acquerelli. Non dimentichiamo i tanti piccoli disegni con cui ha arricchito il materiale distribuito durante il catechismo o alla Domenica per la liturgia della Parola. La sua abilità artistica si è espressa anche nella realizzazione di alcuni filmati abilmente montati e corredati di sonoro: dalla celluloide in 8 mm sul primo viaggio in Palestina alle ultime VHS per il catechismo dei ragazzi.
Nella Sala “XC pacifici”, la Comunità parrocchiale allestì una Mostra, nel luglio 1998, per festeggiare il suo 50° di ordinazione presbiterale. Il relativo catalogo, con presentazione del Vescovo mons. V. Zarri, risulta esaurito.
Nel settembre 2003 l’Associazione “Amici di don Arturo Femicelli” organizzò la prima mostra postuma, nella sala XC Pacifici, dove la Pinacoteca del Comune di Forlì ha acquisito, attraverso donazione, cinque acquerelli e un quadro ad olio. Quindi nel 2008, in occasione della seconda mostra postuma, l’Associazione donò un ulteriore quadro ad olio alla Pinacoteca municipale.
Per meglio entrare nella pedagogia artistica delle tele e degli acquerelli di don Arturo pittore è bene aver presente la sua singolare e poliedrica personalità che, nelle “mani” dello Spirito Santo, diviene capace di riconoscere e tradurre, mediante i suoi dipinti, il passaggio di Dio nella “traversata quotidiana”. Le sue sono immagini fortemente plastiche, che fanno intravvedere il suo abito interiore fatto di gratitudine, di sobrietà, di trasparenza, di compassione, di continue resurrezioni: la timida ricchezza di chi non ha nulla e ha ricevuto tutto.
Il “mondo” non ha derubato don Arturo di quella innocente capacità di trasalire, così presente in ogni vero artista e in ogni anima che cerca Dio. Noi, troppo spesso vittime della noia, ci lasciamo andare ad una vita arida di estasi del bello, del luminoso, come fossero realtà da cui guardarsi, fino a perdere gli splendidi appuntamenti donati dalla luce della resurrezione di Cristo “esuberanza mai sconfitta del sole senza tramonto”. Don Arturo dirà: “… sogno una schiera di artisti che mi dipingano di luce tutti i crocifissi del mondo”.
Egli si avvale del Vangelo per decifrare la vita, consegnando il tutto al linguaggio pittorico, attraverso il quale ridona speranza, magari a un genitore che ha un figlio in cielo o ad un’anima avvolta nel buio, e mai lo esibisce come diritto davanti a Dio.
L’amante del silenzio nell’incanto delle vette (che gli ricordano i monti della Palestina) o della pace delle valli, è lo stesso che si fa presente ai felici e agli infelici, nei quali sa scoprire un Volto da contemplare e incontrare su tela. Il suo anelito artistico è fecondo dell’Incontro con il Divino, e diviene caparra di realtà celesti, rendendo più umana la storia, più semplice e accogliente la vita.
Enzo Dall’Ara ha scritto: “La poetica di don Arturo si consolida nella certezza dell’indissolubilità del binomio Dio-creato e nell’indiscussa verità di elevazione dell’anima nell’incipit di un colloquio interiore con le significanze dell’immagine sacra, o con le valenze di un paesaggio. Ecco allora coniugarsi i due temi in monade espressiva di abbrivi lessicali che, alla figurazione estrapolata dalla parola evangelica, o dalla sfera naturale, concede forme delineate da stesure cromatiche fresche, luminose, intimiste, assonanti a composizioni in cui piani e volumi evocano aure di sospensione meditativa. Accenti veristi e macchiaioli, dilatazioni oniriche e liriche, nella trasparenza o nella densità di cromatismi umorali, si trasmutano talora nell’estasi dell’astrazione e divengono presupposti su cui strutturare un percorso creativo che, da un realismo intimista, incede verso spazi e tempi di pulsanti idealità”...
Articolo 40° Celebrazione della Messa dell'Artista (2003)
Mostra nella 'Galleria Farneti'
Mostra nella 'Galleria Farneti'
Mostra pittorica 2011
nella sede della Fondazione
Mostra nella 'Galleria Farneti'